Roberto Perilli nel 2014 avrebbe prelevato dai suoi conti 20mila euro, poi «investiti» in scommesse sportive. Pronostici molto spesso azzeccati i suoi se poi, nello stesso anno, ne avrebbe guadagnati circa 100mila da quell’«investimento». Un dato «neutro» rispetto all’inchiesta per l’omicidio di Giuseppe Sciannimanico, l’agente immobiliare ucciso dopo essere stato attirato in una vera e propria trappola, oppure la circostanza può avere una rilevanza negli accertamenti sul delitto, che non sono affatto conclusi? Il nuovo elemento può fornire «solo» un contributo sulla «personalità» di Perilli, per un solo anno, chissà perché, appassionato di scommesse sportive, oppure può avere un collegamento diretto con l’omicidio?
Il Pm Francesco Bretone, che coordina le indagini della Squadra mobile di Bari, è al lavoro per rispondere a queste domande. Il dato è emerso da una consulenza tecnica disposta dalla Procura sui conti di Perilli, affidata al commercialista Massimiliano Cassano, e finita agli atti dell’inchiesta. Le tracce lasciate dai soldi hanno portato, per ora, a questo risultato. Un tassello in più che va inserito in un quadro complesso.
Gelosia professionale. Problemi economici. Un concorrente che stava per aprire un’agenzia immobiliare a 50 metri dalla sua. Un ragazzo di 28 anni, ben voluto da tutti, potrebbe essere stato identificato come la causa di tutti i propri mali. Tutto questo avrebbe scatenato la lucida follia omicida esplosa il 26 ottobre scorso in via Tenente Casale, al quartiere Japigia.
La vittima sarebbe stata attirata in una trappola tesa da un suo collega, Roberto Perilli, di 47 anni e dal presunto complice Luigi Di Gioia, di 51 anni, noto alle forze dell’ordine per contrabbando. Un colpo al torace e uno, di grazia, alla testa. Un ragazzo di 28 anni, incensurato, ben voluto da tutti, che stava per sposarsi avendo deciso di mettere su famiglia, è stato ucciso così. L’ipotesi di reato è omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Con queste accuse Perilli e Di Gioia sono in cella dal 6 novembre scorso.
Sciannimanico sarebbe stato ucciso perché troppo bravo sul lavoro. Così giovane, stava per aprire un’agenzia immobiliare. La stessa dalla quale Perilli era stato allontanato ad agosto. E Beppe, qualche settimana prima di essere ucciso, avrebbe ricevuto minacce: «Non aprire l’agenzia!».
In relazione al movente, il giudice che, dopo il fermo disposto d’urgenza, aveva disposto l’arresto, aveva scritto: «Si deve ragionevolmente ritenere, in assenza di diverse indicazioni risultanti dalla complessa attività d’indagine che il grave delitto debba essere ricondotto al timore per le sorti della propria attività nutrito dal Perilli, che ha visto nella persona del povero Sciannimanico, il quale si accingeva ad aprire un’agenzia immobiliare proprio nei pressi di quella da lui gestita, un valido e perciò pericoloso concorrente».
Ma le indagini non finiscono qui. Perché Di Gioia avrebbe dovuto «sporcarsi le mani»? Il fratello di Di Gioia viene ritenuto vicino al clan Parisi. Nel mirino di altre indagini ci sarebbero anche alcuni rapporti sospetti di Perilli. Il cerchio, dunque, non si è ancora chiuso.
Da un lato le «amicizie» di Perilli. Dall’altro, la «pista dei soldi». Sul primo fronte va ricordato che al setaccio ci sono anche le sospette frequentazioni di Perilli documentate in un’altra indagine dell’Antimafia di Bari. Dagli accertamenti della Dda sarebbero emersi infatti contatti risalenti ad alcuni mesi fa tra Perilli e alcuni esponenti del clan mafioso Palermiti di Bari.
E ora spunta il dato sui soldi giocati in scommesse sportive. Solo nel 2014. Come mai Perilli aveva giocato una cifra così importante? Come si conciliano le difficoltà economiche che avrebbe avuto con la disponibilità di denaro derivante dalla vincita? Erano soldi suoi o sono stati giocati per conto di qualcuno? Perché solo nel 2014? La Procura sospetta che la circostanza possa avere un collegamento con l’omicidio di Scinnimanico, ma, al momento, non è ancora chiaro in che modo.
Gazzetta del Mezzogiorno
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