In tempo di spending review, di lotta agli sprechi, il Brescia decide di andare clamorosamente controtendenza. E così a Bari si distingue per portare avanti nel calcio una politica decisamente “antigovernativa”, prendendo manciate di occasioni da gol e buttandole a mare, forse complice la temperatura estiva di metà ottobre. Sì, perché di potenziali azioni per far esultare i 40 intrepidi arrivati in Puglia in pullman, le rondinelle ne creano “a brache”, per dirla alla bresciana, ma ne realizzano soltanto una, quasi la più difficile andando a vedere le altre.
La trasferta montagna partorisce così il topolino di un punto, come a Vicenza, come a Empoli. Stesso spartito sul leggio, stesso andamento del match: recriminazioni, delusione, ma in fondo un pizzico di soddisfazione perché il calcio in sé a volte è b******o, ti punisce regalando all’avversario quei tre punti che meriteresti tu.
Bari è così agrodolce, come i taralli uvetta e cipolla che compro nella città vecchia, a differenza del fatto che quelli sono buonissimi… Bari è una trasferta che io e Cris aspettiamo con ansia: ci piace, inutile nasconderlo, sotto mille punti di vista. Se poi arrivi al mattino e giochi la sera, quindi hai tempo di goderti la città in una giornata primaverile-quasi estiva e non certo autunnale, tutto diventa più bello. L’appuntamento al giornale è alle 6, fuori umido e buio. Aereo due ore dopo da Bergamo, con noi c’è anche Erica e quindi si forma lo storico “trio”. Il viaggio è diviso tra lettura dei gionali (Cris) e dormita colossale (io), un’ora e venti che ci catapulta a Bari Palese alle nove e mezza. Si capisce già in aeroporto che la felpa non serve, maniche corte e via. Uno spettacolo.
Il mare visto dal... lungomareL’albergo è in corso Vittorio Emanuele, vialone che taglia la città. Tempo di lasciare i bagagli e siamo già in cammino. Puntiamo su Bari Vecchia, al cuore, tra vicoli minuscoli, la Cattedrale e la basilica di San Nicola. Le costruzioni bianche riflettono la luce del sole e creano un’atmosfera magica, perfetto mix con l’ombra dei vicoletti dove le signore anziane, davanti alla porta di casa, fanno le orecchiette. Bari Vecchia è anche questo, ma non solo: ci sono i panni stesi all’aperto che se non fossero lì andrebbero messi comunque; ci sono le piccole botteghe dove si parla il dialetto stretto; ci sono quelli che giocano a carte; ci sono i ragazzi che parlano di calcio e lo capisci perché dal discorso articolato estrapoliamo “un palo e una traversa”. C’è vita insomma, c’è una “popolazione” che racconta a parole e gesti una città.
In piazza Mercantile ci fermiamo a pranzo alla Locanda di Federico, segnalataci da più parti: gli antipasti sono ottimi (in particolare scatta l’applauso sulla burrata), le orecchiette con pomodorini, olive nere e baccalà gustosissime. Cris, che già aveva avuto un incontro ravvicinato con gli sporcamusi qualche mese prima, vuole la rivincita. Buoni, buonissimi. Il prezzo è assolutamente ragionevole per ciò che arriva in tavola, vista anche la location (si vede che ho guardato “The Apprentice”?) merita una visita se vi trovate da quelle parti.
Sono scandalosamente le 15.30 quando ci alziamo da tavola, ma il pranzo vale anche come cena, visto l’orario della partita. Ci sta un passaggio sulle mura, un giro sul lungomare fino al castello Svevo. Guardo l’acqua e mi verrebbe voglia di fare il bagno.
Un salto in albergo e si parte per lo stadio: lì Cris ritrova due ragazzi conosciuti in città: vengono entrambi da Brescia, hanno aperto un pub in Puglia dopo l’esperienza a Dublino. Un giro del mondo partito dalla nostra città e terminato (per ora) al Sud. Il cuore però resta biancazzurro e a pensarci sorride il mio, di cuore. Già, perché più passa il tempo e più ci accorgiamo, anche grazie a questo blog, che il Brescia per molti resta un qualcosa a cui restare attaccati. C’è Giorgio che lo segue e ci segue dalla cucina di un ristorante ad Antalya, in Turchia; c’è Pippo che gira l’est Europa ma non si perde un secondo del match (quando può) o della radiocronaca di Cris. Due esempi di amici, ma che servono per far capire come i colori e la maglia restino nel cuore.
La mattina del martedì è ancora libera, l’aereo che ci porta a casa è alle 14. La colazione è abbondante, rimedia pure alla cena saltata, per provare a smaltirla esco a fare una lunga passeggiata. Via Sparano, via Cavour, il Petruzzelli, ancora il mare.
L’istinto però mi porta nuovamente a Bari Vecchia, vengo attratto da quella parte di città. Mi sembra di entrare in un’altra epoca, mi aspetto che da un momento all’altro esca un soldato da un portone e mi chieda se la guerra è finita. La mia testa fa immagini di un’Italia che non c’è più, sicuramente più genuina e verace di quella che vivo ora.
Il castello Normanno-Svevo nel cuore di BariL’aereo che ci riporta a casa, ma soprattutto i giornali, mi fanno pensare a quanto successo sabato a Livorno, ai cori dei tifosi del Verona nei confronti di Morosini. Vergognosi, come lo furono quelli degli stessi individui verso Mero pochi mesi dopo la sua morte. L’ignoranza resta per qualcuno, ahimè, un male incurabile.
In alto i cuori.
giornale di brescia
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**'Prendiamoci un tè caldo', negli intervalli delle partite del Bari in trasferta.**