Ha venduto due società, ricevendo un «pagherò». Si dimette ****: «Nei verbali dichiarazioni non vere»
GIOVANNI LONGO E MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Non lontano da Molfetta c’è una ex sala ricevimenti ormai abbandonata dove dovrebbe sorgere un albergo. E poi una palazzina nel cuore di Bitritto, e una serie di locali commerciali e di appartamenti sparsi in vari quartieri periferici di Roma. È da qui che si deve partire per raccontare la storia dell’ultimo tentativo - fallito - del presidente Mino Giancaspro per trovare i 3 milioni necessari a salvare il Bari.
Quegli immobili sono in pancia a due società, che si chiamano Magnolia (la sala ricevimenti) e L’Albicocco (gli immobili), controllate da Kreare Impresa, la cassaforte dell’imprenditore molfettese. Il 10 luglio, martedì scorso, Giancaspro ha depositato in Camera di commercio due atti, redatti da un notaio romano, con cui cede le due società dai nomi bucolici a una terza persona (la «Gazzetta» ne conosce l’identità) dietro la promessa del pagamento di 3,7 milioni di euro. Non un preliminare, dunque, ma una vera e propria cessione a fronte della quale l’acquirente non versa un centesimo. No. Si impegna a pagare quei soldi in un determinato lasso di tempo.
Con quel contratto, l’acquirente diventa debitore di 3,7 milioni di euro nei confronti di Kreare. E quello stesso giorno, con una Pec, Giancaspro cede 3 di quei 3,7 milioni virtuali alla Fc Bari, altra controllata della Kreare. Un passaggio di carte con cui il patron biancorosso avrebbe voluto completare la ricapitalizzazione, ma che si è scontrata con il «no» da parte del collegio sindacale: la delibera del 6 giugno prevedeva infatti un «versamento», dunque denaro, e non conferimenti di qualsiasi genere.
Da lunedì scorso Giancaspro è in giro per l’Italia. È stato a Milano, dove ha incontrato tra l’altro persone vicine alla proprietà della Cremonese. E, con quel contratto in mano, sta cercando una banca disponibile ad erogare un anticipo sufficiente a salvare la società biancorossa. Fino ad ora con le banche non gli è andata bene. Il tentativo di farsi finanziare dalla Banca Popolare di Bari, dove è stato introdotto dall’imprenditore edile Pino Ricci (padre di un suo giocatore delle giovanili), si è concluso con l’apertura di un fascicolo di indagine per ostacolo alla vigilanza: quel canale è evidentemente chiuso. Giancaspro ha buoni rapporti in Mps, con cui fino a qualche settimana fa aveva in piedi trattative relative ai debiti della fallita Finpower (a proposito: ieri nel sottobosco impazzito del calcio barese si era diffusa la notizia di un’istanza di fallimento presentata da Finpower nei confronti della Kreare, ma è una bufala trattandosi solo di un atto di citazione). Di certo la situazione complessiva, i riflettori che si sono accesi sulle operazioni di Giancaspro, certo non aiutano: quando si deve parlare di soldi il contesto migliore è il silenzio.
Gazzetta del Mezzogiorno